Un semplice incontro in cui raccontarsi ed essere ascoltati, ritrovare umiltà per sé e testimoniare all’altro in carcere la libertà che Cristo stesso ci dona con il suo amore

di monsignor Paolo MARTINELLI
Vescovo ausiliare

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Il corpo, quando si ammala, trova un freno ai propri desideri e alla propria libertà. Il corpo ammalato è come un corpo incarcerato; per questo la tradizione spirituale cristiana ha sentito profondamente unite queste due opere di misericordia corporale: visitare gli ammalati e i carcerati, ossia coloro che subiscono la pena di una restrizione della propria libertà. Quante volte ci sarà capitato di ascoltare un ammalato dire: «Adesso non posso più fare quello che facevo prima». Allo stesso modo chi è in carcere si sente limitato nella possibilità di realizzare un desiderio. In questa condizione si comprende quanto importante sia la visita ai carcerati perché possano ritrovare, attraverso un semplice incontro in cui raccontarsi ed essere ascoltati, la propria dignità, passando anche attraverso l’espiazione, quando è stato commesso un delitto.

Gesù ha preso su di sé tutti i nostri peccati ed è venuto a proclamare la liberazione ai prigionieri (Lc 4,18). Che il Signore si identifichi con gli ammalati, in un certo senso, lo possiamo capire; ma che lui, l’innocente, si identifichi con chi è colpevole per aver compiuto un delitto ci costringe a spezzare le nostre misure: qui misericordia e giustizia appaiono inseparabili.

I Sommi Pontefici hanno spesso usato parole di tenerezza riferendosi a chi vive in un istituto di pena. Pensiamo alle parole di papa Francesco riportate nell’intervista rilasciata da Andrea Tornielli: «Ho un rapporto speciale con coloro che vivono in prigione, privati della loro libertà. Sono sempre stato molto attaccato a loro, proprio per questa coscienza di essere peccatore. Ogni volta che varco la porta di un carcere per la celebrazione o per la visita, mi viene sempre questo pensiero: perché loro e non io? Io dovrei essere qui, meriterei di essere qui. Le loro cadute avrebbero potuto essere le mie, non mi sento migliore di chi ho di fronte».

Quando si possiede questa coscienza, allora si riconosce che Cristo è venuto davvero a liberarci dal male e che tutti abbiamo bisogno di questa liberazione. Visitare i carcerati è ritrovare questa umiltà per sé e testimoniare all’altro in carcere la libertà che Cristo stesso ci dona con il suo amore.