È il simbolo del battesimo che ci rende partecipi della morte e risurrezione di Cristo, la nostra dignità di figli di Dio vince definitivamente la vergogna

di monsignor Paolo MARTINELLI
Vescovo ausiliare

1-127216

La terza opera di misericordia consiste nel vestire gli ignudi. Questa opera è tanto popolare, soprattutto grazie alla agiografia legata a San Martino di Tours che divide il suo mantello con un povero.

La nudità pone immediatamente il tema del corpo. Adamo ed Eva erano nudi, ci dice la Scrittura, e non ne provavano vergogna (cfr Gn 2,25). Segno di innocenza e della trasparenza del corpo al suo significato sponsale ed oblativo. Ma dopo la caduta conobbero di essere nudi (Gn 3,7-10); nasce il sentimento del pudore, proprio perché lo sguardo dell’altro ora diventa ambiguo, può oggettivare e sfruttare il corpo, piegandolo al proprio desiderio disordinato di possesso.

Il corpo può essere usato anche come arma di seduzione, per carpire la libertà dell’altro. Il corpo nudo è soprattutto segno di schiavitù e di sfruttamento. In particolare è il corpo della donna a subire le maggiori umiliazioni. Nelle guerre e nei luoghi di violenza, il nemico è denudato e deriso come atto di umiliazione che tende a ferire l’intimo dell’altro.

Gesù stesso assume questa condizione di vergogna, quando viene spogliato delle vesti, percosso, umiliato ed esposto di fronte a tutti, inchiodato sulla croce. L’innocente viene esposto al pubblico ludibrio in un momento di indicibile dolore. Da questa spogliazione nasce una “nuova” veste. Anche qui vediamo il passaggio dal bisogno di coprire la nudità, al desiderio di una veste nuova. Il vestire gli ignudi diviene così simbolo reale del battesimo che ci rende partecipi della morte e risurrezione di Cristo: occorre spogliarsi dell’uomo vecchio – ci ricorda san Paolo – e rivestire il nuovo (cfr Col 3,9-10). Per mezzo della fede e del battesimo siamo stati rivestiti di Cristo (Gal 3,27): Gesù stesso diviene il nostro vestito, la nostra dignità di figli di Dio che vince definitivamente la vergogna.

Vestire gli ignudi è sempre un atto di profonda carità e tenerezza. È restituire l’intimità a chi ha subito violenza o abbandono, in vista dell’essere rivestiti di Cristo stesso.