Con la pazienza contrastiamo la collera e arginiamo l’irritazione, allargando le dimensioni del cuore

di monsignor Pierantonio TREMOLADA
Vescovo ausiliare

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Anche sopportare è una delle forme della misericordia. In questo modo ci si prende cura dei limiti della personalità altrui.

Le persone moleste sono le persone importune, invadenti, ripetitive, insistenti, la cui presenza risulta pesante. Appunto, sopportare vuol dire “reggere il peso” degli altri. La vita ci insegna che si tratta di un compito tanto necessario, quanto ricorrente. Succede praticamente ogni giorno. Le circostanze della vita quotidiana sono tante e tali da obbligarci di fatto a far fronte continuamente a situazioni di reciproca sopportazione.

Non è detto che si diventi pesanti sempre intenzionalmente. Spesso sono gli imprevisti che capitano, le incombenze che premono, i malintesi che si creano a rendere i rapporti tesi. Poi ci sono i caratteri differenti, le abitudini inattaccabili, le convinzioni indiscutibili e le cosiddette questioni di principio. Sarà comunque importante ricordare che se gli altri possono diventare pesanti per noi, anche noi possiamo diventarlo per loro. Magari senza accorgerci. È bene dunque essere vigilanti. Ma soprattutto occorre sopportarsi con fortezza e mansuetudine, cioè, come dice l’opera di misericordia, “pazientemente”.

La pazienza è la virtù che affronta la prova del tempo e rende concreta la fedeltà nell’amore. Con essa contrastiamo la collera e arginiamo l’irritazione, allargando sempre più le dimensioni del cuore. Alla pazienza si affiancano infatti la magnanimità e la benevolenza, cui ben si lega un vivace senso dell’umorismo. Per sopportare pazientemente occorre spesso utilizzare quella “strategia della carità” che è capace di arginare senza offendere, di limitare senza ferire, di segnare i confini senza chiudere gli spazi.

La pazienza è la forma più quotidiana della carità: si esercita con tutti, a cominciare dalle persone più vicine e più care. Si manifesta nel sorriso mansueto, nel silenzio amorevole, nella parola pacata pronunciata al momento giusto, nella presenza discreta. «Portate i pesi gli uni degli altri», esorta San Paolo nella Lettera ai Romani. Cerchiamo dunque di amarci anche con i nostri difetti e le nostre fragilità. È certo un compito arduo. Ci conforta sapere che comunque il Padre che è nei cieli con noi fa sempre così.