La cura del corpo dei nostri defunti nel dare loro degna sepoltura si manifesta un tratto potente della fede nella risurrezione della carne

di monsignor Paolo MARTINELLI
Vescovo ausiliare

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Il corpo che prova sete, fame e si ammala, alla fine tocca la soglia del suo limite estremo: la morte. Un tema dimenticato, a volte mediaticamente spettacolarizzato, esistenzialmente censurato. Il corpo morto giace esanime, misteriosamente senza più quella vita che poco prima lo faceva parlare, correre, incontrare gli altri, ridere e piangere, gioire o soffrire. Ora tutto tace, il corpo della persona defunta chiede raccoglimento e silenzio. Ecco emergere sul limitare della vita, l’ultima opera della misericordia, seppellire di morti. È l’unica opera che non attinge a Matteo 25, ma al Primo Testamento, a Tobia 1,17; 12,12s.

Questa tradizione trova il suo fondamento, non solo nel sentimento di pietà verso il defunto, presente in tanti popoli e in particolare in Israele, ma soprattutto nel fatto che Gesù stesso muore sulla croce, nella solitudine e nella nudità: il corpo della Parola, fatta silenzio, poiché si è detta “sino alla fine” (Gv 13,1), è accolto nelle braccia di Maria ai piedi della croce. A Giuseppe di Arimatea il compito della sepoltura. In quell’abbraccio tenero e doloroso, carico di memoria e di speranza, c’è anche il senso dell’ultima opera di misericordia.

Non dimentichiamoci che Gesù non risorge subito; c’è un’ultima solidarietà di Cristo con noi: egli non solo condivide il morire, ma anche l’essere sepolto. È il mistero abissale del sabato santo: il rimanere nella morte di Colui è che la Vita.

Il Verbo si è fatto carne; l’opera più grande che egli ha compiuto è il dono del suo corpo, dato fino alla fine. Ora questo corpo, risorto, siede alla destra del Padre. Nella prospettiva luminosa della resurrezione ci prendiamo cura del corpo dei nostri defunti per dare loro degna sepoltura. In questa ultima cura si manifesta un tratto potente della fede nella risurrezione della carne. Il corpo non è mero strumento, mezzo, come un’auto usata da mandare al macero. È segno espressivo del mistero della persona. Da come ci si prende cura del corpo dei defunti per la sepoltura, si comprende anche il senso del corpo dei viventi. Seppellire i morti appare come gesto misericordioso carico di tenerezza e di profonda speranza.