La testimonianza di don Jacques du Plouy, parroco di San Carlo alla Ca' Granda, sulla meditazione offerta dal Pontefice in Santa Maria Maggiore al Giubileo dei sacerdoti
di Jacques DU PLOUY
Parroco di San Carlo alla Ca' Granda
Questa mattina nella Basilica di Santa Maria Maggiore ho potuto partecipare alla prima meditazione di papa Francesco per il Giubileo dei sacerdoti. Questa Basilica è per me molto cara nella mia storia perché sono stato ordinato sacerdote qui nel 2005 nelle mani del nostro arcivescovo cardinale Angelo Scola.
In questa prima meditazione il Papa mi ha aiutato a riconoscere il mio bisogno di misericordia. Attraverso vari esempi, tratti della Sacra Scrittura, dagli esercizi di San Ignazio e da fatti vissuti da sacerdoti, ho potuto fare memoria di questo “sì” detto a Cristo e alla sua Chiesa, 11 anni fa, per portare la sua misericordia nel mondo. Ma per questo, come ha spiegato il Papa, sono invitato a passare dalla «distanza alla festa», riconoscendo il mio peccato senza paura, ma come avviene nella «parabola del padre misericordioso, una volta che ci siamo “situati” in quel momento in cui il figlio si sente sporco e rivestito, peccatore al quale è stata resa dignità, vergognoso di sé e orgoglioso di suo padre». E ha aggiunto il Papa: «Il segno per sapere se uno è ben situato è il desiderio di essere, d’ora innanzi, misericordioso con tutti». E ha concluso: «Qui sta il fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra, quel fuoco che accende altri fuochi. Se non si accende la fiamma, vuol dire che uno dei poli non permette il contatto. O l’eccessiva vergogna che non pela i fili e, invece di confessare apertamente “ho fatto questo e questo”, si copre; o l’eccessiva dignità, che tocca le cose con i guanti».
Così la mia libertà è chiamata a entrare in gioco per vivere una pienezza di sguardo misericordioso sul mio peccato e la mia vocazione sacerdotale può portare il fuoco della Misericordia a tutti.