Alle 20.45 celebrazione nella Basilica di Sant’Ambrogio presieduta dal cardinale Scola. Un’occasione di preghiera per chi spesso si trova su fronti opposti, dice don Walter Magnoni (responsabile diocesano della Pastorale sociale e del lavoro), con l’auspicio che questo evento possa rinnovare in ciascuno l’intenzione di sentirsi parte dell’opera creativa di Dio

di Luisa BOVE

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Quest’anno la tradizionale Veglia dei lavoratori coincide con la celebrazione dell’Anno Santo. Il Giubileo dei lavoratori si terrà giovedì 28 aprile, alle 20.45, nella Basilica di Sant’Ambrogio con il cardinale Angelo Scola.

«Abbiamo accolto l’invito che papa Francesco consegna alla Chiesa intera del Giubileo della misericordia – dice don Walter Magnoni, responsabile della Pastorale sociale e del lavoro in Diocesi -. Per noi sarà una bellissima occasione per pregare e riflettere sui temi della giustizia e della misericordia in un mondo del lavoro che tante volte in realtà subisce sfruttamenti.

Come si svolgerà la celebrazione?
Non avremo testimonianze come in passato, ma avrà più carattere di preghiera. Stiamo però pensando per esempio a una sorta di atto penitenziale per chiedere perdono per il disagio che tante persone hanno vissuto a causa di un’impostazione e di un modello di lavoro che, invece che favorire i legami sociali, ha disumanizzato e creato tensioni all’interno della società, creando sacche di povertà e a volte vere guerre tra poveri. Questo è raccontato molto bene nel recente film Due giorni, una notte, in cui si vede realmente come le tensioni vengano sempre scaricate sui lavoratori, posti a volte di fronte a scelte che portano a logiche egoistiche.

C’è da augurarsi allora che non siano presenti solo i lavoratori, ma anche i quadri e i dirigenti d’azienda…
Il Giubileo è pensato per il mondo del lavoro tout court, non è la Veglia degli operai, che peraltro è un mondo che sta scomparendo, ma è la celebrazione per tutte le persone che vivono il lavoro, anche la casalinga, seppure non retribuita. A noi piacerebbe vedere la partecipazione di parti, a volte in contrapposizione, che possano riunirsi insieme per un momento di preghiera. Ognuno da parte sua chiederà al Signore di essere illuminato in questo tempo per vivere al meglio da cristiano nel mondo del lavoro.

In particolare cosa significa vivere da cristiano?
In questo ci aiuta ancora papa Francesco: sia nell’enciclica Laudato si’ (dai numeri 124 a 129), dove rilancia il tema delle relazioni nel mondo del lavoro, sia negli interventi di questo ultimo anno alle Acli, al Movimento cristiano lavoratori e agli imprenditori radunati a fine febbraio in aula Nervi.

Oggi ancora tanti lavoratori non passano più dai tornelli di una fabbrica e non timbrano all’ingresso di un’azienda, perché rimasti senza lavoro. Questa sarebbe per loro una bella “porta santa” da attraversare…
Mi piace molto questa immagine dei tornelli e della timbratura che lei dice e che tutti possano passare una porta santa. Purtroppo però il varcare la porta di un luogo di lavoro non è per tutti una possibilità. Il tema della disoccupazione è ben presente e noi lo percepiamo dalle richieste e dai curriculum che ci arrivano ogni settimana solo perché ci chiamiamo ufficio di Pastorale del lavoro. Noi sappiamo che la mancanza di lavoro è un problema reale, anzi, è “il” problema in questo momento. Credo che ogni genitore, guardando i figli che crescono, con un po’ di apprensione si interroghi: «Chissà quale lavoro andranno a fare?». Non che questa domanda in passato non ci fosse, ma oggi siamo di fronte a una situazione di maggiore incertezza, dove soprattutto l’inserimento nel mondo del lavoro chiede magari di continuare a cambiare porte… C’è una forte mobilità e un forte precariato che genera anche un’instabilità psicologica e relazionale delle persone rendendo più difficile il pensare in prospettive al “per sempre” a livello affettivo.

I lavoratori attraverseranno la Porta Santa di Sant’Ambrogio?
Sarà attraversata dal cardinale Scola e da una rappresentanza, semplicemente per motivi logistici. Ci piacerebbe davvero passare la Porta Santa con tutti, mentre non per tutti, purtroppo, c’è la possibilità di scegliere un lavoro. E questo va detto. È una questione di schiacciante attualità, perché oggi si parla di una produzione che riprende, ma questa ripresa non coincide con l’occupazione. Come dice anche il Papa sempre nella sua enciclica, la bellezza e la forza della tecnica può condurre ad aver bisogno di meno persone. Noi oggi ci troviamo di fronte a una situazione in cui il cambiamento tecnologico sta dando una forte accelerazione ai nuovi lavori, con un contraccolpo soprattutto a quelli che progressivamente serviranno sempre meno.

Come continua l’impegno della Diocesi nei confronti di chi ha perso il posto? Penso in particolare al Fondo famiglia-lavoro…
Si è ormai conclusa la seconda fase del Fondo famiglia-lavoro e, come ha detto l’Arcivescovo al XXX Congresso delle Acli milanesi, verrà lanciata una terza fase per sostenere le famiglie e le persone che hanno perso il lavoro e sono in difficoltà. In quell’occasione ha ribadito che occorrono persone, servizi, associazioni e centri di formazione che nel quotidiano stiano a fianco delle famiglie e dei lavoratori.