Il cardinale Scola ha presieduto, in un Duomo gremito da migliaia di giovani, il Giubileo degli Universitari. Il passaggio della Posta Santa, la memoria del battesimo, le testimonianze, le riflessioni e la preghiera hanno accompagnato questo «gesto molto bello e importante», ha sottolineato l’Arcivescovo
di Annamaria BRACCINI
Aspettano già da più di un’ora, con pazienza, sul sagrato del Duomo, il loro turno. Insieme, per varcare la soglia della Porta Santa, per vivere il Giubileo dedicato specificatamente a chi studia, lavora o è, comunque, impegnato a diverso titolo nell’Università. E Milano, città dalla vocazione, appunto, universitaria, non delude le attese. Sono in tanti, tantissimi, migliaia, i giovani che entrano in Cattedrale per “sentire” con colleghi negli studi e coetanei, il cardinale Scola, gli Assistenti ecclesiastici e i sacerdoti – oltre venti quelli che, straodinariamente per l’occasione, confessano in ogni angolo del Duomo– cosa significhi essere una sola Chiesa
Accanto a Scola ci sono tre Vescovi, il vicario episcopale di Settore, monsignor Pierantonio Tremolada, l’assistente generale dell’Università Cattolica, monsignor Claudio Giuliodori e il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, arrivato dalla seconda realtà universitaria della Regione con un nutrito gruppo di studenti e allievi dei Collegi.
Le testimonianze, particolarmente suggestive, di martiri per la fede come Bonhoeffer, Frére Christian de Chergé, ucciso a Tibhirine vent’anni fa, Shahbaz Bhatti, grande sostenitore del dialogo con l’Islam, trucidato in Pakistan nel 2011, Edith Stein, Carmelitana, santa Teresa Benedetta della Croce, comunque gassata in Auschwitz per la sua origine ebraica, introducono all’ omelia dell’Arcivescovo che, poco prima, durante la memoria del Battesimo, asperge l’intera Assemblea.
Il pensiero è al Vangelo di Giovanni con l’episodio dell’adultera, ma prima di entrare nel più profondo della parola di Dio, l’osservazione del Cardinale è delicatissima: «Questa pagina fa immaginare molto dei protagonisti, ma tace il fatto che anche l’uomo sorpreso in adulterio, per la Legge mosaica, avrebbe dovuto essere lapidato. Questo ci dice del cammino che, lungo la storia, la donna ha dovuto fare, e ancora dovrà, per guadagnare la pari dignità».
Quella dignità che, oltre ogni tradizione e costume, viene solo dal Signore, come comprese sant’Agostino, notando che, alla fine della Lettura, restano solo loro due: Gesù e la donna, “la misera e la misericordia”.
«Questo vale anche per noi e chiede se siamo disponibili ad andare nel profondo di noi stessi, al senso di vita che ci ha condotto qui stasera, lasciando emergere, dal nostro cuore e dalla nostra mente, la miseria in cui ordinariamente viviamo. Miseria che non significa non essere impegnati negli studi, ma che non cerchiamo, tutti, un senso vero dell’esistenza, vivendo una modalità di oblìo che tutto rende indistinguibile e in cui Cristo è puro pretesto e non il movente dell’azione». Come se, suggerisce ancora Scola, fossimo noi gli unici responsabili della nostra vita, «secondo un discutibile criterio di autorealizzazione».
Eppure, «se non rimaniamo attaccati a questa miseria in cui siamo immersi, se siamo consapevoli di essere ciascuno misero e misera, questa misericordia sarà come rugiada fresca, come una possibilità di risorgimento continuo, di una vita ridonata, ogni giorno nella freschezza del primo sguardo, come incontrare il sorriso di chi ci vuole bene, come pensare con gioia alla prospettiva di affrontare gli affetti secondo la logica definitiva del “per sempre”, e i tempi grami in cui faticate a trovare lavoro con speranza». Anche perché « dovrà venire questo lavoro, creerete voi le condizioni in cui farete strada, partendo da realtà iù disagiate rispetto alla generazione che vi ha preceduto», scandisce l’Arcivescovo.
Poi, il richiamo a ricordare sempre tale misericordia, sguardo del Signore che attualizza il battesimo: «Ritornate al momento in cui, nell’incontro cristico con l’altro, il battesimo è diventato un fatto».
Così si può “strappare” la parola misericordia dal sentimentalismo facendola essere «la sorgente che irrora il nostro cuore e la nostra mente e muta il nostro stile di vita, il modo di accettare il sacrificio, di costruire una comunità cristiana plurale, nella pluriformità, nella condivisione per costruire amicizia civica nella città e vita buona».
Chiaro il riferimento alle testimonianze: «che aiutano fare esperienza del perdono. Gesù non è permissivo verso l’adulterio né verso alcun peccato, Il Vangelo insegna che ci offre la libertà, della quale il peccato è l’imbarbarimento: eppure Cristo ci abbraccia, viene verso di noi, qualunque sia la situazione umana in cui ci troviamo e questo mette in moto la tenerezza e il desiderio di cambiare. Davanti all’amore autentico nessuno resiste, perché tutto ciò che nell’ordine dell’amore è nell’ordine dell’edificazione. Guardiamo ai segni di risurrezione che vivono in coloro che accettano la penitenza e la conversione».
Come scriveva Bonhoffer. «Quando si è completamente rinunciato a fare qualcosa per noi stessi, allora ci si getta nelle braccia di Dio, allora si veglia con Cristo nei Gétzemani e, io credo, questa è la fede». Parole ormai lontane oltre mezzo secolo, ma che riecheggiano quelle del beato don Puglisi che, al suo assassino, disse: «Ah! sei venuto», permettendo a chi era in chiesa per ucciderlo, un cammino di tormento e ripensamento.
«Man mano che la vita avanza, ci rendiamo conto che è il quotidiano a essere eroico, con la carità intellettuale, con la moralità dell’intelligenza che dovete esercitare nell’Università. Pensate al bene della società civile, perché il fatto che siamo miseri è come se diventasse il punto di leva su cui Gesù realizza, in noi, il cambiamento. I cristiani sono i più realisti, comunionali e civici tra i cittadini per il dono ricevuto di un cammino dotato di significato e direzione. Chiediamoci “per Chi” viviamo tutto ciò che accade».
Infine, lo stringersi allegro e affettuoso intorno all’Arcivescovo – a ogni studente viene donato, come omaggio personale del Cardinale, un testo che contiene la sintesi dei Lavori del Convegno di Firenze e l’intervento del Papa nell’Assise – e ancora un ultima consegna: «Promuovete amicizia cristiana tra di voi. Nelle diverse forme e realtà da cui provenite fate vedere la bellezza dell’unità della Chiesa».