Le catechesi mensili offerte in Santuario da don Alberto Lolli per approfondire essenza e significato dell’Anno santo straordinario

di don Cesare CORBETTA

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«Misericordia»: mai questa parola è stata tanto pronunciata quanto in questi mesi dell’Anno Giubilare straordinario. Ma qual è il suo vero significato per chi la pronuncia? Forse è un concetto “sentimentale”, oppure una sensazione superficiale, magari una pretesa per se stessi, più spesso una pietra di inciampo se dovuta al prossimo, per molti un valore: in ogni caso un moto del nostro cuore. Invece è molto più, è l’immensità di Dio.

Don Alberto Lolli, Rettore del Centro pastorale ambrosiano di Seveso, ha voluto approfondire essenza e significato mediante sei incontri mensili aperti a tutti in Santuario. Si sono svolti nel pomeriggio del 24 gennaio, 21 febbraio, 20 marzo, 24 aprile, 22 maggio e 19 giugno. Il Rettore ha desiderato introdurre nella conoscenza della misericordia, il nome stesso di Dio. Ma «Dio nessuno l’ha mai visto, il Figlio ce l’ha fatto conoscere». Egli è la misericordia del Padre fatta carne per “incontrare” e “toccare” realmente l’uomo. Solo lui può narrarla, svelarla e renderla operante attraverso i tanti incontri con gli uomini e le donne del suo tempo ai quali ha cambiato il cuore; incontri che sono avvenuti in riva al lago, a Gerico, a Cafarnao, a Emmaus, presso un pozzo, nelle case, sulle strade, nelle piazze di Galilea, Giudea, Samaria, ovunque lo spirito lo conduceva.

Don Alberto ha proposto gli incontri di Gesù con il lebbroso, con Bartimeo, il cieco, con Zaccheo e poi con l’adultera, con Simone il fariseo e la peccatrice e infine con i discepoli di Emmaus. Un ciclo di incontri in cui letteralmente immergersi nel mistero di Gesù, vero e dolcissimo uomo e Dio, con tanta passione e vera sapienza. Ogni appuntamento ha visto aumentare il numero delle persone desiderose di conoscenza, regolarmente appagate da don Alberto anche con una miniera inesauribile di notizie relative ai luoghi, alla mentalità, alle usanze dei personaggi scelti.

Nel lebbroso emerge la sofferenza fisica della malattia che lo sfigura e che lo colpisce in tutte le sfere relazionali riducendolo a “morto vivente”, finché non incontra la Misericordia divina fatta carne, che rompe l’atroce isolamento donandogli la guarigione e la piena relazione con gli altri.

Nel cieco Bartimeo invece è la gioia incontenibile a segnare il suo volto, procurata dalla luce di Gesù che gli ridona una nuova nascita, come figlio appena partorito che viene lanciato nella vita.

Zaccheo, egoista e rapace, sente esplodere la corazza che gli soffoca il cuore e in lui dilagano conversione e carità nell’istante in cui il Figlio di Dio gli dice: «Voglio pranzare a casa tua».

Tenerissimo e colmo di compassione lo sguardo di Cristo che vede l’adultera condannata, secondo la legge, alla lapidazione. Lapidarie le parole che scrive per gli accusatori nella polvere per invitarli alla conversione, ma dice a lei, con dolce fermezza: «Va’ e non peccare più!».

Infine, in casa di Simone il fariseo, un’altra donna, una peccatrice riversa sulla Misericordia incarnata tutte le attenzioni che non le sono state rivolte dall’amico ospite: bacia e lava i piedi di Gesù con profumo prezioso e con tutte le lacrime di commozione e di gioia di cui è capace il suo cuore per il perdono e la misericordia ricevuti prima. Li lava, li bacia, li asciuga con gratitudine sconvolgente che commuove. Don Alberto ha fatto notare che il Creatore ha dedicato una cura particolare nel plasmare i piedi dell’uomo – come Leonardo da Vinci annotò – perché ci rendessero “piè veloci” verso il prossimo e verso di Lui, spinti da una fede e da un cuore appassionato, capace di bruciare le scorie dell’egoismo per vivere pienamente l’amore.

Anche in noi custodiamo gratitudine e commozione mentre contempliamo la modalità con cui don Alberto svolge il suo ministero tra noi e il suo amore al nostro destino, oltre che a Gesù.