Nelle parole di due studenti che parteciperanno al Giubileo del 15 aprile il desiderio di vivere un evento che dia forza all’itinerario universitario e umano

di Annamaria BRACCINI

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«Credo che sia un’ottima occasione per recuperare il senso dell’appartenenza a una Chiesa che ci offre una possibilità grande come questa. Quindi estenderò l’invito ai miei compagni di studio, anche perché così potrò, io per prima, approfondire il significato di questo gesto, vivendolo non solo a livello personale, ma arricchendomi con tutti gli altri». Ha un bel sorriso e gli occhi della gioventù, Giulia Monti, al quarto anno di Giurisprudenza in Statale, che spiega con semplicità perché vuole raccontare a tutti la sua emozione nel partecipare al Giubileo degli Universitari in programma il 15 aprile.

«Sono dell’idea che le cose belle vadano comunicate e non tenute solo per sé – aggiunge Matteo Teodoro Pinca, futuro ingegnere aerospaziale che sta frequentando questa impegnativa Facoltà al Politecnico -. Credo, infatti, che “partecipare” a qualcosa di coinvolgente non significhi solo essere contenti, magari farsi il selfie, ma sia allargare l’invito, condividere esperienze, idee, stimoli che ci vengono da un evento rilevante come questo Giubileo pensato per noi». E continua: «Ritrovarsi per una Lectio divina, riflettere su un tema biblico, sul titolo stesso del nostro Giubileo, “Misericordia e verità si incontreranno”, significa imparare a vedere le cose con gli occhi anche degli altri, aprirsi al ragionamento e al dialogo. Aprirmi a prospettive a cui non era preparato, scoprire un brano di Vangelo che viene spiegato in maniera nuova: mi aspetto questo dal Giubileo con l’Arcivescovo. Mi aspetto di essere “sorpreso”».

Insomma, come l’Università non può essere solo un luogo di passaggio «da attraversare il più in fretta possibile in vista di qualcosa di più definitivo, quasi un “non luogo”» – come lo chiama don Bortolo Uberti, cappellano dell’Università degli Studi di Milano -, anche il Giubileo deve essere qualcosa di più di qualche ora trascorsa in Duomo, pur nell’eccezionalità di poter passare la Porta Santa e di ascoltare il cardinale Scola. «Penso che debba essere così – osserva ancora Giulia, che vive a Seveso -. Tendenzialmente si viene a Milano per studiare in università o fare gli esami, dimenticando forse la vera dimensione cristiana che possiamo vivere anche in ateneo. Il Giubileo sarà quindi un’occasione privilegiata per riconoscersi sia come studenti, sia come ragazzi di oggi capaci di sperimentare la fede e una possibilità di testimonianza in Duomo, che spesso non pensiamo frequentabile da noi come studenti. Mi attendo di vivere non solo l’emozione del Giubileo con la vicinanza degli amici, ma qualcosa di più, che dia una maggiore forza al mio itinerario universitario personale e a quello comune. E questo, naturalmente, nella consapevolezza di un Anno della Misericordia che chiede conversione e cambiamento del cuore».