Il Cardinale, nel Santuario, ha presieduto la Celebrazione eucaristica. Alle centinaia di fedeli immigrati ha richiamato la responsabilità educativa in famiglia e la necessità di una partecipazione ecclesiale attiva

di Annamaria BRACCINI

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Tanti linguaggi, vesti colorate, costumi tradizionali, tratti somatici diversi, si intrecciano, per dire, con una sola voce, la gioia di essere, insieme, costruttori di pace e di giustizia.

La Pentecoste, nella grande cintura della metropoli, è anche questa. La Babele delle lingue e dei popoli che si ritrovano per l’Eucaristia presieduta dal cardinale Scola in occasione, appunto, della Festa diocesana delle Genti, che si celebra nella splendida cornice del Santuario della Beata Vergine Addolorata di Rho che ospita anche, all’aperto, gli stands etinici. Oltre venti sacerdoti, tra cui i Padri Oblati, il vescovo Boscodin di Taiwan e diversi ministri stranieri – solo per citarne alcuni, i cappellani della Comunità maronita, cinese, filippina, eritrea, ucraina, polacca, rumena orientali, srilankese – concelebrano la Messa di fronte a centinaia di immigrati di tutte le età. Nei canti, nella Liturgia della Paola, nella preghiera si mescolano le melodie dei singoli Paesi e gli idiomi, con ad esempio, il Padre Nostro proclamato in aramaico, la lingua di Gesù, da un presbitero libanese di Rito cristiano-maronita

«Abbiamo deciso di vivere la Festa delle Genti non solo a Milano, ma anche nelle diverse Zone pastorali, iniziando dalla IV (Rho, appunto) perché è quella in cui, da più anni, è attiva una proficua collaborazione tra la Pastorale dei Migranti, il Decanato e le articolazioni civili», spiega il responsabile della Pastorale, don Alberto Vitali, in apertura, definendo «l’importanza di trovarsi nel Santuario, che è chiesa giubilare e Porta Santa».

Il saluto speciale dell’Arcivescovo «per questo bellissimo gesto vissuto da tutti come costruttori diretti di pace e di giustizia», esprime la gioia e la commozione «per poter celebrare, anche quest’anno, l’Eucaristia, l’azione più importante che un uomo possa compiere, nella nuova Milano che qui oggi è rappresentata».

Nel giorno di Pentecoste, il riferimento primo è allo Spirito santo. «Delle tre persone della Santissima Trinità è la più difficile da immaginare. In tante tradizioni vi è un modo molto vago di riferirsi allo Spirito, mentre lo Spirito di Gesù è il modo con cui egli resta con noi fino alla fine del mondo. Lo Spirito, in senso pieno e vero, dà la vita ed è Paraclito, ossia Colui che ci è vicino».

Da qui e dalla lettura degli Atti degli Apostoli, 2 – la discesa dello Spirito sui discepoli –, una seconda e decisiva osservazione: «Questo miracolo si ripete anche oggi. Nell’unico Spirito di Cristo, tante lingue, culture, popoli esprimono veramente la Chiesa Santa di Dio che è cattolica, cioè universale, raccogliendo il tutto della famiglia umana e valorizzando in essa ogni nazione ed etnia. La grande trasformazione che sta avvenendo nel mondo e anche nelle terre ambrosiane è caratterizzata da questo mescolamento. Così vediamo che, grazie alla vostra presenza, nasce la nuova Milano, Italia e, Dio lo voglia, la nuova Europa. Sono convinto che tra venti o trent’anni questo tipo di Eucaristia sarà normale in tutte le nostre chiese, cosicché, lentamente, vedrà la luce il nuovo cittadino milanese».

Chiara, e scandita dal Cardinale nelle parole, la responsabilità, anzitutto educativa, che ne deriva. «Il modo in cui crescerete i vostri figli, come attori della metropoli del domani, chiede due precise condizioni: la serietà nel vivere l’amore coniugale in un clima di serenità e pace in famiglia e l’inserimento nella vita ecclesiale delle nostre terre».

La preoccupazione è primariamente per le nuove generazioni: «In Europa costatiamo – sottolinea, infatti, Scola – che i giovani tendono ad allontanarsi dalla vita della Chiesa, assumendo, in questo, l’attitudine tanti loro coetanei italiani. Non è bene per loro, perché sarà difficile che siano artigiani di pace e di giustizia (questo il titolo delle Festa delle Genti 2016) se non seguono Gesù. Raccomando tale responsabilità ai genitori e ai nonni che non devono avere paura di richiamare i ragazzi a un cammino retto che li renda capaci di giustizia e di amore. Impegnatevi in famiglia, nelle Comunità, ma anche nelle parrocchie, nei movimenti, nelle articolazioni della Diocesi».

Infine, ancora un pensiero per i due diaconi, l’uno originario dello Sry Lanka e l’altro delle Filippine, che, figli di immigrati, diventeranno preti in Duomo l’11 giugno prossimo, «essendo il frutto della vostra fede e facendo parte, a pieno titolo, del presbiterio ambrosiano».

Poi, a conclusione della Celebrazione, il grande applauso, lo stringersi affettuoso dei fedeli intorno all’Arcivescovo, e la festa che, tra gli stands, sotto un bel sole caldo, si fa condivisione concreta di cibi tradizionali nell’entusiasmo per la premiazione dei vincitori del Concorso “Immicreando”.