Voci raccolte attorno alla Basilica di Sant’Eustorgio tra chi ha accolto la proposta giubilare della Pastorale giovanile. Qualcuno vive già la propria esperienza di fede, altri no, ma a proposito della confessione dicono: «Abbiamo pensato a mente aperta alla cosa giusta da fare»

di Claudio URBANO

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La folla che oscilla su e giù per Corso di Porta Ticinese è un andirivieni continuo, in un classico sabato sera di inizio estate milanese. Ma c’è anche un piccolo ruscello di persone che si stacca, e raggiunge con curiosità la chiesa di Sant’Eustorgio. È stata aperta, sabato scorso, per la Notte della misericordia, un’occasione speciale per incontrare Gesù e per fare esperienza del suo perdono, proprio a metà dell’anno giubilare. Un’iniziativa voluta in tutta la diocesi dalla Pastorale giovanile, dai volontari di Giovani e Riconciliazione, impegnati in questo servizio anche in altre occasioni, e dai giovani che una volta al mese, sempre a Sant’Eustorgio, animano “Una luce nella notte”, invitando i loro coetanei all’incontro con Gesù in un’iniziativa di prima evangelizzazione.

Non tutti, ovviamente, si fermano. Tante coppie arrivano fino alla chiesa per curiosità. Chi decide di confessarsi, però, sembra esprimere almeno una cosa in comune con gli altri: incontrare un’occasione di perdono era un’esigenza o quantomeno a un desiderio interiore, più o meno consapevole.

È forse il caso di Anna, una donna sulla trentina che esce dalla Basilica sorridente, con un volto sollevato che allo stesso tempo tradisce emozione. «Cosa mi ha spinto a fermarmi? È una cosa che sentivo dentro, forse sono state una serie di “Dio-coincidenze”, come le ha chiamate la ragazza che mi ha invitato – prova a spiegare -. Che significato hanno questa serata e la confessione? Ho bisogno ti tempo per pensarci, ma hanno fatto bene a invitarmi», risponde mentre se ne va di fretta.

Si fermano anche Ilaria e Mary, 17 e 20 anni, di Cinisello, vestite sportive. Per loro la conversazione è iniziata sulle amicizie e sui rapporti personali, su «come trattiamo le persone e come ci guardiamo dentro», spiega Ilaria. Non sembra essere digiuna del mondo della fede, anche se ammette che in chiesa praticamente non ci va mai, e non pensa che, anche dopo questa bella serata, ci saranno altre occasioni. Però, tornando ai rapporti con gli altri, spiega che ha deciso di confessarsi «perché qui è diverso, qui si pensa a mente aperta a cosa sia la cosa giusta da fare, mentre la maggior parte delle volte – nel quotidiano confronto con le amiche – non viene spontaneo perdonare, ma è anzi più facile il contrario».

C’è anche chi già vive la propria esperienza di fede. Antonio, 29 anni, viene da Caserta, a Milano lavora come segretario in una scuola: «Magari fosse questa la movida, e non solo quella lì» (di chi va su e giù per il Corso). Osserva che «molti giovani rischiano di trovarsi in difficoltà senza, purtroppo, aver capito cosa hanno perso», trascurando la dimensione spirituale.

Lucas, che solitamente coordina i giovani di “Luce nella notte”, si dice soddisfatto. «Eravamo piuttosto scettici nel proporre addirittura il sacramento della Riconciliazione, ma alla fine l’esperienza è stata positiva. Spesso – spiega – chi si ferma coglie l’incontro con Dio anche solo nella gentilezza dell’invito, o in un momento di meditazione. Del resto però lo Spirito soffia in molti modi…».