Secondo il Rettore del Seminario è questo lo spirito con cui i chierichetti dovranno vivere il loro Giubileo in Duomo sabato 15 ottobre: «Lo stile del ministrante è servire con gioia»

di Ylenia SPINELLI

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Quello di sabato 15 ottobre non sarà un semplice Meeting chierichetti, ma un vero e proprio Giubileo, pensato per tutti i ministranti della Diocesi. E in Duomo ne sono attesi più di duemila. Accompagnati dai loro educatori e dai loro preti, i chierichetti si stringeranno in preghiera attorno all’Arcivescovo per fare esperienza della misericordia infinita di Gesù. «Questo è il punto di partenza che dà slancio alla vita di un chierichetto, il quale ha come stile il servire con gioia», tiene a precisare monsignor Michele Di Tolve, rettore del Seminario di Milano, presentando il Giubileo.

Quale il legame tra il Seminario e i chierichetti ambrosiani?
Da sempre i seminaristi, insieme con un prete del Seminario (che solitamente si occupa della Pastorale vocazionale), si sono dedicati alla formazione dei chierichetti, a offrire cioè spunti di vita spirituale e liturgica per formare coloro che sono i primi collaboratori dei sacerdoti sull’altare. Inoltre per molti ragazzi, e da un po’ di anni anche per le ragazze, il primo modo di servire Gesù, nella comunità cristiana è quello del servizio all’altare. Sono davvero tantissimi i nostri preti che, a partire dall’esperienza di chierichetto, hanno capito la bellezza di servire Gesù e la sua Chiesa, donando completamente la vita nel ministero.

Che ruolo avranno i seminaristi?
Non solo ci saranno i seminaristi del Quadriennio teologico, ma anche i nostri nuovi diaconi, che accompagneranno i gruppi di chierichetti all’interno della Cattedrale per compiere il cammino del Giubileo della misericordia. Inoltre i diaconi aiuteranno i ministranti a pregare e daranno la loro testimonianza vocazionale.

Come è importante che i ministranti vivano il Giubileo?
Come un incontro personale con l’amore di Gesù che tocca la loro vita, perché risultino pieni di gioia nello scoprire quanto sono amati dal Signore.

Che significato deve assumere per i chierichetti il passaggio della Porta Santa?
Nel Vangelo Gesù stesso si definisce «la porta delle pecore»: quindi passare attraverso la Porta Santa vuol dire vivere la fede non in modo formale, ma facendo una vera esperienza dell’amore di Gesù. Inoltre a me piace pensare la Porta Santa un po’ come la ferita procurata dalla lancia nel fianco del corpo di Gesù e allora vuol dire entrare un po’ nel suo cuore. Insomma, è un invito ai chierichetti a non vivere il loro servizio come un semplice ruolo, ma come un’amicizia profonda e personale con Gesù.

Come si devono preparare i chierichetti in questi giorni?
Con il desiderio di essere dei veri discepoli del Signore, cercando di cambiare il loro cuore per essere – non solo sull’altare, ma ovunque – amici veri di Gesù e dei loro compagni; con la domanda nel cuore che deve diventare ogni giorno più bella e più vera: «Signore, cosa vuoi che io diventi per essere sempre più tuo servo nella Chiesa e nel mondo?».

Perché il Cardinale ha deciso di destinare le offerte di questa Messa ai terremotati?
Ci vuole testimoniare che i cristiani vivono in profonda comunione con tutti gli altri: gioiscono con chi è nella gioia, piangono con chi è nel pianto, vogliono vivere con gli stessi sentimenti e pensieri di Gesù. Il nostro Cardinale, con i suoi chierichetti, vuole testimoniare che l’amicizia profonda con Gesù diventa carità operosa e generosa verso coloro che hanno più bisogno.