In Cattolica lezione magistrale dell’Arcivescovo all'apertura del convegno nazionale «Educati dalla Misericordia: un nuovo sguardo sull’umano», organizzato dall'Ateneo, dall'Istituto Toniolo, dalla Cei e dalla Diocesi
di Annamaria BRACCINI
Nel momento «simbolicamente conclusivo della riflessione che ha impegnato, in questo Anno della Misericordia, l’Università Cattolica del Sacro Cuore», l’Ateneo si interroga in un convegno intitolato “Educati dalla Misericordia. Un nuovo sguardo sull’umano”.
Dopo aver promosso – come ricorda il rettore Franco Anelli – 15 workshops, che hanno coinvolto tutte le discipline trattate dall’Ateneo, incontri internazionali e iniziative artistiche e culturali rese proficue dalla collaborazione tra la Cattolica, l’Istituto Giuseppe Toniolo, la Cei e la Diocesi, si giunge, quindi, a una sorta di sintesi a più voci organizzata dagli stessi organismi cui si unisce, per l’occasione, Tv2000. Insomma, sottolinea l’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, monsignor Claudio Giuliodori, «si è trattato di un anno di un intenso lavorio culturale, frutto della Grazia, di cui la Misericordia può essere cifra, perché soprattutto le nuove generazioni siano preparate ad affrontate le nuove sfide».
Concetti su cui torna il cardinale Scola, aprendo i lavori, nella sua approfondita relazione “La Misericordia è la forma dell’umano”. Chiara la tesi dell’Arcivescovo: occorre liberare la categoria di misericordia dal ricorrente rischio di banalizzazioni per restituirle il suo pregnante statuto teologico e antropologico. La Misericordia è nome di Dio e la sua pratica perfeziona la natura umana, potenziandone la forza creativa. «Misericordia, libertà e giustizia sono in un inscindibile intreccio, anche se in questo anno – nota Scola – ho sentito parlare molto del rapporto con la giustizia, ma poco di quello con la libertà». Da qui l’analisi di altri due ambiti, la solidarietà e la solitudine.
Solidarietà e solitudine
«In una società occidentale caratterizzata dal primato del multitasking fatta di fitness center, aeroporti, laboratori genetici, società di prestazione i cui abitanti si denominano come soggetti essi stessi di prestazione, i molteplici compiti paiono impedire l’essere presenti a sé e lo stare faccia a faccia con l’altro. È quasi una caduta nella vita animale che, appunto in un contesto selvaggio, deve fare attenzione a più attività contemporaneamente. Si registra, dunque, una perdita dell’umano pur in una situazione di nostalgia del bene, di esperienza di vuoto che, non di rado, attanaglia il nostro cuore di uomini post-moderni». Conseguente e immediata la domanda che nasce: «C’è dunque sbarrata la strada al compimento di felicità, generatore inestinguibile della libertà dell’uomo?». La cronaca, osserva il Cardinale, sembrerebbe confermare la risposta affermativa. Ma è proprio allora che «Incipit Misericordia”, che inizia la Misericordia».
«La pretesa cristiana, riannunciata incisivamente nell’Anno della Misericordia, riscatta e compie l’economia della libertà». Per l’Arcivescovo, infatti, la Misericordia non è successiva al pentimento, «ma anzi lo precede, suscitando nel cuore dell’uomo una domanda che non si può eludere e fondando la libertà in quanto rende possibile la consapevolezza della propria imperfezione».
Che cos’è il perdono?
Una presa di coscienza salvifica che si manifesta attraverso lo sguardo libero verso se stessi e la realtà. «La Misericordia ha inizio con il guardare e interrogare la propria vita, con uno sguardo che incontriamo guardando gli altri. La libertà suscitata come domanda è infine abbracciata dalla Misericordia. Cosa è allora il perdono? Non è “far finta di nulla”: chi perdona vede bene la gravità del torto subìto e non lo sottovaluta, ma non cessa di amare cercando di imitare Gesù. Così, l’abbraccio del Padre, che è esercizio infinito di amore, rigenera ciò che è propriamente umano».
«Misericordia e libertà sono co-agoniste della storia, del destino personale di ciascuno di noi. Difatti, ciò in cui l’umana esistenza trova consistenza non è l’auto- compiacimento di Narciso che si sta trasformando in autismo spirituale, non è la conquista di Prometeo, non è l’autogenerazione di Pigmalione, ma consiste nell’essere abbracciati, con la semplicità di un bambino, dal Verbo di Do che si è fatto bambino, da Cristo. L’esistenza è un ritorno a casa e un abbraccio del Padre».
Il Cardinale arriva così al cuore e alla conclusione della sua Lectio. «Il dialogo tra la Misericordia e la libertà è il contenuto permanente dell’esistenza di ogni uomo. La Misericordia del Padre suscita e accompagna la libertà umana qui, ora e sempre. Il perdono di Dio in Cristo, perciò, non è solo tenera cura, ma forza dirompente di Grazia, capacità reale di riscattare la vita umana attraverso la potenza vittoriosa di un amore che convince i cuori, perché vince il male con il bene e muove la libertà alla conversione. La tenerezza di Dio e la Sua onnipotenza di salvezza sono all’opera nel mondo oggi. Ecco perché non dobbiamo avere alcuna nostalgia del passato e vivere, in un’angoscia debilitante, i problemi del presente. In ogni momento e in modo misteriosamente efficace, la Misericordia raggiunge tutti gli uomini che fanno l’esperienza della fragilità e della colpa. L’evento della Croce gloriosa di Gesù conduce i cristiani alla certezza che, in essa, la giustizia e la Grazia sono unite. La Misericordia, così intesa e attuata, è la giusta risposta di Dio alla nostra libertà, di cui il Signore, rispettandola totalmente, si fa carico anche quando essa è colpevole».