Caratterizzata in senso giubilare, la Festa unitaria vedrà i partecipanti partire da luoghi diversi (un centro d’accoglienza per asilanti, la Villa manzoniana, un cimitero, una Rsa e un centro per disabili) per convergere a Bresso, attraversare la Porta Santa e pregare con monsignor Giudici
di Silvia LANDRA
Presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana
Nella nostra diocesi ci sono città come Bresso, situate alle porte di Milano, che da sempre sanno comporre onori e oneri della città a misura d’uomo con risorse e contraddizioni della periferia urbana. Oggi Bresso è formalmente parte di una città metropolitana, introdotta in un dialogo politico ancora più vivo con altri Comuni e con la grande città milanese, che vince la sfida europea se riesce a far risplendere le sue diversità senza omologarle.
Il nostro Arcivescovo ha voluto che proprio a Bresso, presso la parrocchia della Madonna della Misericordia, ci fosse una delle Porte Sante della diocesi, come meta per tanti pellegrini in questo anno giubilare. Sabato 28 maggio l’Azione Cattolica ambrosiana farà il suo pellegrinaggio per raggiungere la Porta Santa di Bresso. È stato pensato un percorso “pedagogico” prima di attraversare la porta, di accogliere la misericordia e di pregare insieme in un momento intenso presieduto da monsignor Giovanni Giudici.
Vale la pena sottolineare brevemente i tre punti di partenza che sono stati scelti per caratterizzare il cammino e situarlo nella concretezza della vita feriale. Sono tre luoghi che rappresentano tre scosse benefiche per la nostra coscienza credente, se ci lasciamo interrogare nel modo giusto.
Il primo è un Centro di Accoglienza per richiedenti asilo, detto più spesso con la sigla CARA. Esso è rappresentativo di slanci e frenate repentine del moto di accoglienza che nel nostro Paese e nella nostra Europa stiamo cercando di vivere. Il CARA è infatti pensato per accogliere stranieri non ancora regolari che stanno facendo domanda di asilo. Non dovrebbe trattenere le persone, né inquisirle, né farle sentire fuori posto. Nasce per accompagnare la loro attesa e riconoscere – nel giro di un mese circa – il diritto di ottenere la protezione internazionale da parte di persone che fuggono da torture e guerre. Rischia di diventare involontariamente luogo di reclusione, se le condizioni non sono dignitose, se non possono imparare la nostra lingua il prima possibile, se attorno a un CARA c’è diffidenza o proprio non ci sono centri abitati, se i tempi delle Commissioni Territoriali si allungano oltremodo, lasciando tante persone in un faticoso limbo per mesi e mesi.
Il secondo luogo è la Villa manzoniana, un contesto che richiama la dimensione irrinunciabile dell’esistenza che è la cultura intesa come capacità di ribadire i significati di tutti gli ambiti della nostra vita attraverso la poesia, la letteratura, l’arte, la musica, il teatro, il cinema, la pittura, la scultura, il design. Abbiamo bisogno dei linguaggi della bellezza per raccontare la realtà e per interpretarla. È significativo che in molti luoghi del degrado umano, appunto nelle “periferie esistenziali”, il dato statistico più sorprendente sia proprio la carenza scolastica. Chi delinque di più, chi abusa di sostanze stupefacenti, chi vive vite disorganizzate e disperate è molto frequentemente parte della popolazione che non ha terminato nemmeno i primi anni delle scuole dell’obbligo o è analfabeta. I dati sui determinanti sociali della salute dicono con molta chiarezza che chi ha ricevuto meno istruzione si ammala di più e di malattie ben più gravi rispetto al resto dei cittadini. La meraviglia delle opere manzoniane dice con forza quanto valore hanno le basi ricevute da piccoli sui banchi di scuola, un diritto conquistato nel tempo che va ancora oggi protetto per tutti.
Il terzo luogo indica una scelta coraggiosa, perché chiede di partire da un grande cimitero alle porte di Milano, da una residenza sociale per anziani, da un centro per persone disabili. Si tratta di percorrere con la mente e con il cuore le strade della finitezza umana per scorgervi la resurrezione, la redenzione, la vita. Questo terzo luogo simbolico ci apre lo sguardo sulla città degli anziani, sempre più numerosi e attivi, spesso con poche risorse e talvolta ancora impegnati a sostenere economicamente figli e nipoti con le loro pensioni. E sulla città dei disabili, con la loro capacità travolgente di richiamarci sugli aspetti essenziali del vivere e purtroppo ancora così costretti all’ulteriore fatica di non potersi muovere agevolmente tra le strutture di un contesto urbano che poche volte tiene conto delle loro esigenze.