La testimonianza di don Luciano Angaroni, parroco di Gesù Divin Lavoratore a Milano, sulla meditazione offerta da papa Francesco in Santa Maria Maggiore al Giubileo dei sacerdoti
di Luciano ANGARONI
Parroco di Gesù Divin Lavoratore a Milano
Spesso nella meditazione comune, e di riflesso nella mia, il peccato è visto come un’obiezione, qualcosa che impedisce al ministero stesso sacerdotale di compiersi. In sintesi: per essere dei buoni preti non si può essere peccatori!
Nella meditazione offerta ai sacerdoti presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, papa Francesco ha ribaltato questo luogo comune, ovviamente non per giustificare il peccato, ma per guardarlo attraverso il “filtro” della Misericordia divina. E allora mi rimette in gioco, perché spesso ciò che interiormente mi blocca è guardare il mio limite, la mia incapacità di corrispondenza alla grazia di Dio (efficace immagine usata dal Papa: «Il nostro peccato è come un colabrodo, come una brocca bucata dalla quale scorre via la grazia in poco tempo») come qualcosa che mi allontana da Lui, mentre può diventare «il ricettacolo della Misericordia», come il Papa ha voluto intitolare questa meditazione. Perché attraverso il perdono il Signore non “rattoppa” il mio cuore, ma lo “ri-crea”, lasciando però le cicatrici, come memoria della Misericordia ricevuta (come le piaghe del Risorto) perché a mia volta possa donare Misericordia. L’esempio di tanti Santi citati documenta efficacemente questa possibilità.
E quanto mi conforta il richiamo allo sguardo della Madonna, a come posso innanzitutto lasciarmi guardare da Lei in ogni occasione, soprattutto quelle più difficoltose, rifugiandomi sotto il suo manto, per imparare a guardare come Lei: «Salve Regina, Madre di Misericordia…».