Gli operatori sanitari celebrano il Giubileo attraversando la Porta Santa del Duomo e partecipando alla Messa presieduta da monsignor Mario Delpini. Intervista a don Paolo Fontana, responsabile del Servizio diocesano di Pastorale della salute

di Luisa BOVE

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Il Servizio di Pastorale della salute, che ha già organizzato nel febbraio scorso il Giubileo della Misericordia per gli assistenti spirituali delle Cappellanie (preti, diaconi, suore), si prepara ora a celebrare quello degli operatori sanitari. L’appuntamento è per sabato 21 maggio alle 9.30 e il tema dell’evento è «Misericordia: uno stile di vita». L’invito, spiega don Paolo Fontana, il responsabile diocesano, «è rivolto a tutti coloro che lavorano in un luogo di cura e sono chiamati a vivere quotidianamente la misericordia, che è una grande disposizione umana, ma anche un grande dono divino».

E questo che cosa significa per voi?
Noi desideriamo che la vita nella misericordia di questi uomini e donne possa sempre crescere. Il Papa dice che la misericordia è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello. Nell’ospedale quanti fratelli si guardano? Tanti. Passano i più deboli e i più bisognosi.  Allora la misericordia che abita nel cuore dell’uomo ha bisogno di incontrare la misericordia divina per crescere in modo esponenziale.

Quando si parla di operatori sanitari che cosa si intende?
Tutti coloro che lavorano in un ospedale e sono a contatto diretto con il malato – medici, infermieri, figure di supporto come Oss (operatori socio-sanitari, ndr) e Asa (ausiliari socio-assistenziali, ndr) -, ma parliamo anche di coloro che organizzano la vita dell’ospedale, quindi del personale amministrativo che svolge un lavoro importante quanto la presenza al capezzale del malato.

Come sarà organizzata la mattinata?
Noi abbiamo desiderato compiere un cammino penitenziale perché il Giubileo della Misericordia è legato, non solo al passaggio della Porta Santa, ma anche all’itinerario penitenziale da compiere nella vita. Ci incontreremo tutti nella chiesa del Padiglione del Policlinico in via Francesco Sforza per un momento di preghiera e una meditazione di monsignor Luca Bressan sul brano Lc 6,36-42 come esortazione al cammino. Quindi attraverseremo la Porta Santa del Duomo, poi seguirà la celebrazione giubilare presieduta dal Vicario generale monsignor Mario Delpini.

Quando si affronta una malattia o un ricovero in ospedale la sofferenza non è solo fisica, ma anche spirituale. Allora la misericordia può essere una “cura” anche per gli operatori?
In ospedale l’operatore sanitario è il guaritore o colui che si prende cura, si fa carico e fa del proprio meglio per guarire. Ma il guaritore è sempre un guaritore ferito, per cui la misericordia che c’è nell’incontro tra persone è una misericordia che lenisce entrambi i cuori, sia quello del malato, sia del medico, dell’infermiere o di chi si accosta al malato. Chi si accosta per lenire le cure, di fatto a sua volta, viene alleviato dalle sue ferite. Certo sono diverse da quelle del malato, ma anche lui ha ferite nella sua vita.

Nel Vangelo non mancano gli esempi…
Se prendiamo la parabola del samaritano, l’ospedale – a mio giudizio – può assomigliare molto alla figura dell’albergatore. L’albergatore è colui che si prende cura per un certo periodo del moribondo. Anche nella parabola si parla del ritorno del samaritano («al mio ritorno ti rifonderò quanto hai speso di più»). L’albergatore non si prende cura per sempre, ma quel prendersi cura è indispensabile. Non è l’idea di essere di passaggio, ma di prendersi cura fino in fondo, anche se è solo per un tempo determinato. È molto bello che i nostri operatori, prendendosi cura di questi malati, possano rispecchiarsi nella figura dell’albergatore della parabola del buon samaritano.

Qual è il suo augurio per questo Giubileo?
Che aiuti tutti gli operatori sanitari a tenere sempre più lo sguardo fisso sul Padre della misericordia, affinché possano agire in modo efficace con misericordia.