Non significa minimizzare il male ricevuto, ma reggerne l’urto e riuscire a guardare ancora come nostro prossimo chi si è comportato come nostro nemico

di monsignor Pierantonio TREMOLADA
Vescovo ausiliare

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Al male che ferisce si risponde con l’ammonimento dei peccatori, ma anche con il perdono delle offese. La quinta opera di misericordia richiama la terza. La prospettiva però cambia sensibilmente. Non si parla dei soggetti, ma degli atti, non dei peccatori, ma delle offese. I peccatori si ammoniscono, mentre le offese si perdonano. L’offesa non è mai generica, è sempre personale. Si dice: «Mi hai offeso!». Oppure: «Termo di averli offesi!». Ed ecco allora l’opera di misericordia: all’offesa subita si risponde col perdono.

Perdonare è difficile! In qualche caso risulta impossibile e potrebbe anche sembrare ingiusto. Quando veniamo offesi un fuoco di rabbia si accende in noi e sentiamo naturale rispondere allo stesso modo: insulto con insulto, ferita con ferita, «occhio per occhio e dente per dente». Diciamo che vogliamo giustizia, ma in realtà cerchiamo vendetta. Anche in questi casi, infatti, la vera giustizia – cioè il giusto modo di comportarsi secondo Dio – è la misericordia, una misericordia che non si vendica e non condanna, ma che perdonando salva. Il perdono è l’altro nome della misericordia.

Non bisogna però confondersi. Perdonare non significa minimizzare il male ricevuto, dire: «Non è successo nulla!». Significa al contrario riconoscere che ciò che è successo è grave, che siamo stati feriti, che avremmo una gran voglia di vendicarci, ma contemporaneamente invocare su di noi la potenza dell’amore di Cristo, capace di contenere tutto ciò e di suscitare in noi pensieri di bene. Significa, in altre parole, reggere l’urto del male e riuscire a guardare ancora come nostro prossimo colui che si è comportato come nostro nemico. (cfr Mt 5,38-48).

Il perdono rasenta l’impossibile poiché è frutto della conversione del cuore nella trasfigurazione dello Spirito. Riuscire a perdonare è condurre la propria capacità di decidere alla sua espressione più nobile, alle stesse altezze di Dio. Qui la misericordia raggiunge il vertice e diventa lievito di rinnovamento per l’intera società. Il perdono vince la sete di vendetta che viene dalla paura e dell’orgoglio: è figlio dell’umiltà. La sua misura, secondo l’insegnamento di Gesù, è quella del non avere misura (cfr Mt 18,22).