Noi cristiani spesso dimentichiamo che non può essere fatta di belle parole o di nobili sentimenti, ma deve diventare solidarietà concreta che porta salvezza. A livello personale, ma anche nell’impegno sociale e pubblico

di Vincenzo RINI

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Le opere di misericordia spirituale e corporale, chi le ricorda ancora? Forse nessuno, nemmeno tra i cattolici fedeli e praticanti. A malapena i vecchi avranno memoria delle prime due: «Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati…»; ma oltre non si va.

Per fortuna che nostro Signore la memoria ce l’ha più lunga di noi e, come ammonisce la Madonna nel Magnificat, agisce sempre «ricordandosi della sua misericordia», che si è manifestata in pienezza nella vita terrena di Gesù, il quale le opere di misericordia, sia spirituale sia corporale, le ha messe in pratica in maniera insuperabile. Vi immaginate cosa accadrebbe se Dio si dimenticasse della sua misericordia? L’umanità sarebbe senza speranza, senza futuro, con l’unica certezza di una vita e un’eternità disperata: il presente e il futuro sarebbero soltanto inferno.

Ad aiutare la nostra memoria ci ha pensato papa Francesco che, nel messaggio per la Quaresima – “Misericordia voglio e non sacrifici” (Mt 9,13) -, ci indica «le opere di misericordia nel cammino giubilare». Non è un appello generico quello di Francesco, ma molto concreto. Ci invita, infatti, a guardare all’immenso «dramma della povertà» che oggi più che mai attanaglia popoli interi: uno «scandaloso mistero» di iniquità nel quale si prolunga la sofferenza di Gesù in Croce. E non intende, il Papa, solo la povertà di cibo: ricorda anche la povertà di libertà di quei milioni di cristiani «che soffrono a causa della loro fede». E questo in un mondo sempre più tentato di volgere lo sguardo altrove, chiudendosi in se stesso.

L’appello è chiaro e immediato: se Dio è misericordia, anche l’uomo, ogni uomo, l’umanità intera deve diventare misericordia. Il mondo ricco che si chiude in sé per non vedere i drammi dell’umanità sofferente, finisce per chiudersi in un «delirio di onnipotenza», in una «alienazione esistenziale». La salvezza del mondo passa unicamente attraverso la misericordia. Parole più chiare di così papa Francesco non poteva trovarle.

Leggendole, mi sono trovato a pensare alle notizie di questi giorni: l’Unione europea si chiude a riccio; ricostruisce le barriere, sbarra le frontiere. I drammi della povertà, della schiavitù, della fame e della sete del mondo senza speranza bussano alla porta dell’Occidente, della nostra civilissima Europa, tutta intenta a salvare le banche e terribilmente distratta di fronte all’urgenza di salvare i poveri, i perseguitati, i miserabili. Un’Europa sazia e disperata – sazia di benessere e disperata di fronte al terrorismo e alla supposta invasione dei poveri – dà il via alla realizzazione di una nuova “cortina”: come non pensare alle antiche “cortina di ferro” e “cortina di bambù”? Chiusure che generano divisione, opposizione, incomprensione e nuove miserie.

Diventa realtà attuale e concreta la parabola evangelica di Lazzaro e del ricco Epulone (Luca 16,19- 31). L’Europa si configura, ora, a immagine dell’Epulone sazio, che, nel suo banchettare splendidamente, pensa di potersi godere la vita volgendo lo sguardo lontano dai poveri Lazzari che premono alle sue porte. Guarda alle banche, ai commerci, al petrolio: non ai miseri, ai cristiani perseguitati per la loro fede; alle popolazioni intere che debbono fuggire dalla patria per conservare il diritto di vivere e di sognare un futuro degno di uomini. Dimenticando che, come per l’Epulone evangelico, la conseguenza sarà la condanna, la rovina.

L’appello quaresimale di Papa Francesco è rivolto a tutti, singole persone, popoli e nazioni, per ricordare a tutti che, «se non ascoltano Mosè e i Profeti» non ci saranno miracoli di sorta in grado di salvare l’umanità. Il suo messaggio è rivolto anzitutto a noi cristiani, che spesso dimentichiamo la misericordia, che non può essere fatta di belle parole o di nobili sentimenti, ma deve diventare solidarietà concreta che porta salvezza. A livello personale, certo, ma anche nell’impegno sociale e pubblico. Ne va di mezzo la salvezza del mondo. E, lo dico sottovoce, il futuro dell’Europa.