Al Santuario varesino alla cerimonia presieduta dal Vescovo ausiliare e Vicario di Zona monsignor Franco Agnesi hanno partecipato anche i suoi predecessori monsignor Giudici e monsignor Stucchi

Tra le grazie “piovute dal cielo” accogliamo con viva riconoscenza il fatto che nell’Anno santo molti potranno beneficiare della Divina Misericordia venendo in pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese. Il gesto dell’apertura della Porta Santa – secondo i desideri e gli orientamenti di Papa Francesco – è stato il segno “ufficiale”, chiaro a tutti, che «tutta l’azione pastorale della Chiesa dovrebbe essere avvolta di tenerezza; la sua stessa credibilità passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole».

La Porta Santa, tipica di tutti i Giubilei – aperta in tutte le cattedrali, i santuari e gli istituti scelti a tale scopo – ha un grande valore simbolico: «Chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza». Potrà scoprire il volto di Dio, lento all’ira e grande nell’amore, giusto e clemente, onnipotente e misericordioso. La porta aperta dice che nessuno è escluso, ma tutti sono attesi, accolti, ascoltati, perdonati… “misericordiati”! Chi passa attraverso questa soglia porta in sé anzitutto la volontà di tornare a Dio, ma anche poi di andare incontro a tutti gli uomini di questo tempo ferito, corrotto e violento come «missionario della (sua) misericordia». Il motto dell’Anno Santo – una parola detta da Gesù: «Siate misericordiosi come il Padre» – ci invita appunto ad aprire il nostro cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, avvicinandoli con le opere di misericordia corporale e spirituale. Su queste “iniziative di carità” in dodici sabati (i secondi di ogni mese dell’anno giubilare) la città e il Decanato di Varese ha una proposta specifica, inserita nel calendario ufficiale delle nostre comunità.

La porta scelta come “segno giubilare” al Sacro Monte è quella detta “sforzesca”, che si trova a sinistra dell’ingresso laterale del Santuario. Ci è venuto spontaneo valorizzare questa porta, detta “sforzesca”, che risale al 1532; di Francesco Sforza si vedono impressi lo stemma e le iniziali del nome. Essendo stati modificati nei vari ampliamenti della chiesa gli accessi al Santuario, ora si trova a lato dell’altare maggiore (quindi un po’ stretta per il flusso dei fedeli), ma così favorisce un ingresso lento, che tutti potranno fare meditando sul senso dei propri passi, arrivando qui a conclusione del pellegrinaggio fatto sul viale delle cappelle o tramite gli ascensori.

Sabato 12 dicembre col Vescovo monsignor Franco Agnesi, delegato del Cardinale, erano presenti i suoi tre predecessori – monsignor Giovanni Giudici, monsignor Marco Ferrari, monsignor Luigi Stucchi – insieme ad autorità civili e militari del nostro territorio. Davvero è stata una bella testimonianza anzitutto della comunione tra Pastori e gregge, della fraternità presbiterale, della riconoscenza verso i nostri “padri nella fede”. E poi della volontà di camminare insieme con tutti quelli che hanno responsabilità istituzionali, che lavorano – ciascuno secondo la propria competenza e lo specifico mandato ricevuto – per costruire una società solidale. Infatti sono questi gli obiettivi che vorremmo raggiungere quest’anno, dandoci appuntamento proprio qui, una volta al mese, per ravvivare una comunione fraterna tra le Chiese e collaborare ad edificare una città solidale verso tutti i suoi membri.

La presenza di circa 1000 persone, che hanno riempito la chiesa con molto anticipo rispetto all’orario stabilito o hanno assistito al rito di apertura riempiendo l’ampia piazzetta Paolo VI ha espresso la grande attesa che c’era in tanti cuori e l’impegno a entrare nello spirito del Giubileo da protagonisti attivi e non da semplici spettatori.

Infatti la prospettiva dell’Anno giubilare coinvolge credenti e non, che condividono l’urgenza di costruire insieme una civiltà fondata sulla cultura della misericordia. A cinquant’anni di distanza ci sentiamo in linea diretta con lo spirito del Concilio Vaticano II, perché il Papa affida «la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo» con queste finalità e speranze: perché «effonda la sua misericordia per una storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro», perché «gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà di Dio», perché «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia».